Responsabilità Estesa del Produttore: il nuovo modello di gestione dei rifiuti

Con il D.Lgs. 116/2020, la gestione del fine vita dei prodotti diventa un obbligo per produttori e importatori: l’EPR (Responsabilità Estesa del Produttore) responsabilizza chi immette beni sul mercato, promuovendo riciclo, riuso e sostenibilità.

Vediamo in questo articolo tutti i dettagli. 

Responsabilità Estesa del Produttore: come cambia il ruolo dei produttori nell’economia circolare

Come sappiamo, dal 26 settembre 2020 è in vigore il Decreto Legislativo 116/2020, che ha segnato un cambiamento radicale nella normativa ambientale italiana. 

Questo decreto, parte del pacchetto “Economia Circolare” dell’Unione Europea, ha modificato profondamente il Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 152/2006), introducendo tra le varie innovazioni due articoli chiave: il 178-bis e il 178-ter. 

Entrambi definiscono le basi della Responsabilità Estesa del Produttore (EPR), concetto con cui si attribuisce al produttore anche la responsabilità della fase di post-consumo del prodotto.

L’EPR impone a chi sviluppa, fabbrica o commercializza beni, inclusi gli importatori, di occuparsi della gestione dei rifiuti derivanti dai prodotti immessi sul mercato. 

Questo significa finanziare, organizzare o contribuire attivamente alla raccolta, selezione, trattamento e smaltimento degli scarti generati a fine ciclo di vita. Non si tratta più di una facoltà, ma di un obbligo normativo.

L’articolo 178-ter del D.Lgs. 152/2006, introdotto dal decreto 116/2020, stabilisce una serie di requisiti che ogni regime EPR deve rispettare. Tra questi, è prevista:

Registro nazionale, sanzioni e opportunità per le imprese

Il parallelo articolo 178-bis, invece, chiarisce chi è da considerarsi “produttore del prodotto”: non solo chi produce fisicamente, ma anche chi importa, distribuisce o commercializza beni nel mercato nazionale. 

Questo allargamento della definizione garantisce che anche i soggetti che non realizzano direttamente un bene, ma ne traggono profitto, siano coinvolti nella gestione della fase post-consumo.

Una delle principali novità introdotte è l’istituzione del Registro Nazionale dei Produttori, strumento chiave per la tracciabilità e il controllo degli obblighi connessi alla responsabilità estesa. 

Ogni soggetto tenuto a rispettare l’EPR dovrà iscriversi, fornire regolarmente dati sull’immissione dei prodotti e sulle modalità con cui gestisce i rifiuti. 

In caso di mancato adempimento o trasmissione incompleta delle informazioni, sono previste sanzioni amministrative e pecuniarie.

Nonostante l’attuazione completa del sistema EPR sia ancora in corso (e subordinata a successivi decreti attuativi), le implicazioni per le imprese sono già rilevanti. 

L’EPR non va visto soltanto come un obbligo, ma come una leva per innovare, migliorare la progettazione dei prodotti, ridurre l’impatto ambientale e creare nuove filiere per il riciclo, il riuso e il recupero dei materiali.

In particolare, la fase di progettazione del prodotto diventa cruciale: scegliere materiali facilmente separabili, evitare sostanze pericolose, favorire la modularità e la riparabilità sono tutte scelte che possono ridurre i costi legati al fine vita e migliorare la competitività.

Per adempiere agli obblighi derivanti dall’EPR, le imprese possono optare per due strade: la gestione individuale oppure l’adesione a sistemi collettivi di raccolta e trattamento.

In Italia, questi sistemi operano già da tempo per categorie specifiche, come gli imballaggi (es. CONAI), i RAEE, le pile o i veicoli fuori uso.

I sistemi collettivi hanno il compito di:

Un’evoluzione necessaria: dalla responsabilità al vantaggio competitivo

In particolare, per i RAEE esistono target minimi di riciclo da raggiungere, pena sanzioni o provvedimenti di sospensione. 

Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica vigila su questi aspetti attraverso il Registro Nazionale dei Produttori, strumento parallelo al RENTRI, destinato a rafforzare il tracciamento dei rifiuti a livello nazionale.

Ad ogni modo, l’EPR non è un concetto astratto, né un onere meramente burocratico. È una trasformazione concreta del modo in cui le imprese devono progettare, produrre e distribuire beni. 

Responsabilizzare i produttori significa stimolarli a fare scelte più sostenibili, puntando su materiali alternativi, progettazione ecocompatibile e educazione dei consumatori.

In questo nuovo scenario, anche l’etichettatura del prodotto assume un valore strategico: informare chiaramente il consumatore sul corretto smaltimento, sulla presenza di componenti pericolosi o sulle possibilità di riutilizzo diventa parte dell’obbligo normativo.

Ma può anche diventare uno strumento di marketing ambientale, che rafforza la reputazione e differenzia il brand sul mercato.

L’obiettivo dell’Unione Europea è chiaro: promuovere un’economia rigenerativa, che allunga la vita utile dei prodotti, riduce i rifiuti e crea valore anche dai materiali scartati. 

Per questo, l’EPR va considerato non solo come una responsabilità, ma come un’opportunità di leadership sostenibile.