La normativa sui rifiuti spesso confonde le figure di produttore e detentore. Analizziamo cosa prevede il quadro giuridico attuale, evidenziando le responsabilità operative e le implicazioni legali connesse alla detenzione e al possesso dei rifiuti.
Tra produttore, detentore e gestione: chi risponde realmente dei rifiuti lungo la filiera?
Nel complesso mondo della gestione dei rifiuti, una delle questioni più controverse riguarda la corretta identificazione delle figure coinvolte: chi è il produttore e chi il detentore?
Il quadro normativo italiano, pur essendo dettagliato, spesso tende a sovrapporre i due concetti. Generando dunque dubbi interpretativi e operativi per le aziende, i trasportatori e gli operatori ambientali.
L’articolo 188 del D.Lgs. 152/2006 parla della “responsabilità nella gestione dei rifiuti” riferendosi in modo alternato o congiunto al produttore e al detentore, senza specificare una distinzione netta.
Lo stesso avviene nei modelli di formulario previsti dal D.M. 145/1998, dove compare la dicitura “produttore/detentore”. Questo approccio induce molti a pensare che le due figure siano equivalenti. Ma è davvero così?
L’articolo 183 del D.Lgs. 152/2006 fornisce alcune indicazioni. Il produttore di rifiuti è colui la cui attività genera i rifiuti (produttore iniziale) oppure chi effettua trattamenti che ne alterano composizione o natura (nuovo produttore).
Il detentore, invece, è definito come il produttore stesso o chiunque, persona fisica o giuridica, abbia i rifiuti nella propria disponibilità.
A seguito della Direttiva 2008/98/CE, recepita in Italia con il D.Lgs. 205/2010, la definizione di detentore è stata riformulata per includere in modo più esplicito il concetto di “possesso”, rendendola così più ampia.
Ciò ha avuto effetti concreti nella prassi applicativa, poiché ha aperto la strada a interpretazioni più articolate sul ruolo del detentore all’interno della catena di gestione.
Il ruolo del trasportatore e il concetto di possesso mediato
Dal punto di vista del diritto civile, la differenza tra possesso e detenzione è ben delineata.
L’articolo 1140 del Codice Civile distingue il possesso, inteso come potere di fatto esercitato su una cosa come se si fosse proprietari, dalla detenzione, che implica invece un uso del bene per conto di un altro soggetto, riconoscendone i diritti.
Si parla di possesso pieno quando vi è sia l’elemento oggettivo (la disponibilità materiale del bene), sia quello soggettivo (la volontà di comportarsi da proprietario).
Nella detenzione, invece, l’elemento soggettivo è rappresentato dall'”animus detinendi”, ossia dalla consapevolezza che il bene appartiene ad altri e che lo si gestisce nel rispetto dei diritti altrui.
Nel campo dei rifiuti, questa distinzione si traduce in una maggiore complessità: chi materialmente maneggia un rifiuto, ad esempio un trasportatore, può essere considerato detentore solo in determinati casi.
Per chiarire queste nozioni, si può prendere ad esempio il caso in cui un’azienda produttrice affidi i propri rifiuti a un trasportatore autorizzato per lo smaltimento.
Durante il trasporto, il rifiuto è fisicamente nelle mani del trasportatore, ma la responsabilità ultima rimane in capo al produttore fino alla consegna all’impianto di destinazione.
Questo perché il produttore mantiene un potere giuridico sul rifiuto, pur avendo ceduto temporaneamente il controllo materiale.
In termini civilistici, si parla di “possesso mediato”. Il produttore conserva un potere sul bene tramite l’azione di un altro soggetto (il trasportatore), che ha invece una detenzione priva di volontà dominicale.
Quindi, mentre per il Codice Civile il trasportatore è un detentore, ai sensi dell’art. 183 del D.Lgs. 152/2006 non può essere considerato tale.
Ciò poiché manca del requisito soggettivo (l’“animus possidendi”) necessario per essere qualificato come possessore secondo la definizione normativa.
L’arrivo all’impianto: passaggio definitivo della responsabilità
Una volta che i rifiuti vengono presi in carico da un impianto di trattamento o smaltimento, la figura del possessore cambia ancora. Il titolare dell’impianto diventa a tutti gli effetti il nuovo possessore del rifiuto, assumendone anche la responsabilità giuridica.
Questo passaggio segna la fine della catena di possesso e detenzione iniziata con il produttore e passata, in via temporanea e funzionale, attraverso il trasportatore.
È in questa fase che la tracciabilità del rifiuto e la corretta compilazione del formulario di identificazione assumono un’importanza cruciale per evitare sanzioni e inadempienze.
Una delle convinzioni più diffuse nella prassi è che per poter qualificare un soggetto come detentore o possessore sia necessario un contratto formale. Tuttavia, questa idea è stata smentita sia dalla dottrina che da alcune pronunce giurisprudenziali.
Il possesso è infatti una situazione di fatto, non necessariamente legata a un titolo formale o a un rapporto contrattuale. La presenza o meno di un contratto può influenzare la natura del possesso (pieno, mediato o detenzione), ma non la sua esistenza.
Indipendentemente dalla modalità con cui si entra in contatto con il rifiuto, produzione, trasporto, stoccaggio, chi lo detiene è sempre responsabile per la sua corretta gestione.
La detenzione comporta infatti l’assunzione di un potere di fatto sul bene e, quindi, la responsabilità del suo trattamento o conferimento secondo le modalità previste dalla legge.
Anche il solo deposito temporaneo o la movimentazione, se effettuati per conto di terzi, possono determinare l’attribuzione della qualifica di detentore, con tutte le responsabilità che ne derivano.
Le ambiguità giurisprudenziali in merito a produttore e detentore di rifiuti
Nonostante l’evoluzione normativa, la giurisprudenza non ha sempre fornito orientamenti
univoci.
In alcuni casi, i giudici hanno identificato come detentori anche soggetti con ruoli marginali o involontari nella gestione del rifiuto, mentre in altri hanno escluso tale qualifica per mancanza di un rapporto materiale continuativo.
Una sentenza della Cassazione Penale (Sez. III, n. 902/1999) ad esempio ha stabilito che un operatore che effettua lo smantellamento di veicoli altrui non è produttore dei rifiuti risultanti, ma solo detentore di residui di terzi.
Ciò evidenzia come, a volte, il discrimine sia basato su elementi soggettivi come l’intenzione o la consapevolezza di disfarsi del rifiuto.
Alla luce di quanto analizzato, appare evidente che le figure di produttore e detentore, pur collegate, non coincidono. Il produttore è colui che genera o modifica i rifiuti, mentre il detentore è chiunque abbia una relazione materiale o giuridica con essi, anche temporanea.
Questa distinzione, tuttavia, necessita di una chiarificazione normativa o giurisprudenziale definitiva, poiché l’attuale sovrapposizione può generare incertezza sulle responsabilità e creare difficoltà operative nella gestione quotidiana dei rifiuti.
In un contesto come quello ambientale, dove la tracciabilità e la correttezza formale sono essenziali, una maggiore precisione terminologica e interpretativa è non solo auspicabile, ma indispensabile.