Una frana ha riaperto una vecchia discarica nei boschi dell’Appennino della Toscana. I rifiuti, trasportati dal Rio Rovigo, minacciano la vallata del Santerno. È scontro di competenze e corsa contro il tempo.
Vediamo in questo articolo tutti i dettagli.
Arpae e Regione Emilia-Romagna attendono risposte dalla Toscana in merito alla discarica dimenticata
La montagna ha parlato, e lo ha fatto riportando alla luce un’eredità tossica del passato. Un recente smottamento provocato dal maltempo ha riaperto una discarica abbandonata dagli anni Settanta, sepolta tra i boschi tra Palazzuolo sul Senio e Firenzuola.
Le tonnellate di rifiuti, rimaste nascoste per oltre cinquant’anni, sono precipitate nel Rio Rovigo, piccolo corso d’acqua che nasce in Toscana ma si getta nel fiume Santerno, al confine con l’Emilia-Romagna.
Il punto esatto dello sversamento si trova a ridosso del passo della Sambuca, un’area montuosa a quota mille metri che oggi rappresenta un intricato crocevia di responsabilità amministrative e ambientali.
La Regione Emilia-Romagna e Arpae attendono da ore, con crescente preoccupazione, una relazione ufficiale da parte di Arpat, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana.
Una risposta che tarda ad arrivare, mentre i primi rifiuti già lambiscono le acque del Santerno. La zona interessata è particolarmente complessa da raggiungere e sorvegliare.
Gli esperti parlano di una “giungla di competenze” che rallenta ogni intervento. La discarica, non censita nei documenti ufficiali della Regione Toscana, non esiste di fatto nelle mappe, alimentando dubbi sulla reale natura dei materiali fuoriusciti.
Fausto Ferruzza, presidente di Legambiente Toscana, ha dichiarato in merito quanto segue:
“Abbiamo bisogno di una caratterizzazione precisa dei rifiuti prima di attivare qualsiasi intervento volontario. Sono materiali depositati nel 1971, epoca in cui nelle discariche finiva praticamente di tutto.”
Le paratie collocate d’urgenza lungo il Rio Rovigo hanno tentato di contenere l’emergenza, ma non sono bastate: diverse unità di rifiuti solidi si sono già affacciate nei pressi del Santerno.
A pagarne il prezzo potrebbe essere uno degli ecosistemi più preziosi della vallata, come denuncia Giacomo Buganè dell’associazione Geolab:
“Il Rio Rovigo era uno dei corsi d’acqua più incontaminati della zona, un rifugio per la biodiversità. Non era raro incontrare gamberi di fiume, oggi minacciati dalle possibili contaminazioni di micro e macroplastiche.”
Volontari fermi, istituzioni divise: mentre il tempo scorre, l’ambiente paga il prezzo dell’incertezza
Il disastro ha messo in stand-by anche il coinvolgimento dei volontari. Centinaia di persone si erano rese disponibili per aiutare nei lavori di contenimento, ma le condizioni attuali e le incognite sui materiali coinvolti impongono prudenza.
Come ha spiegato ancora Ferruzza:
“Stiamo valutando attentamente. Prima di mettere a rischio qualcuno, dobbiamo avere la certezza che l’ambiente e la salute siano protetti. Anche l’eventuale copertura assicurativa dei volontari in questi casi è un punto non banale.”
Nel frattempo, la Regione Emilia-Romagna si muove su un doppio fronte: monitorare la situazione lungo il Santerno e sollecitare la Toscana ad agire con rapidità e trasparenza.
Il nodo politico e amministrativo è evidente: i rifiuti, pur provenendo dal versante toscano, rischiano di danneggiare in modo diretto il territorio romagnolo.
Una situazione che riaccende il dibattito sulla gestione delle aree di confine e sull’urgenza di una mappatura completa e aggiornata delle discariche dismesse o dimenticate.
Ad ogni modo, il tempo stringe. Ogni ora che passa aumenta il rischio che le sostanze inquinanti si disperdano ulteriormente.
A oggi non è ancora chiaro quanta parte della discarica sia franata e quanti detriti siano effettivamente già entrati nei corsi d’acqua emiliani.
I rilievi aerei e i sopralluoghi a terra sono resi difficili dal terreno impervio, ma fondamentali per una pianificazione seria degli interventi.
Intanto, mentre i volontari restano in attesa, e le autorità locali si rimpallano competenze e responsabilità, la natura continua a subire.
E con essa, una popolazione sempre più preoccupata per un’emergenza che, seppur riemersa da un passato lontano, riguarda il presente con tutta la sua urgenza.